Fiabe e favole come veicolo di approccio a popoli e culture

Descrizione di una buona prassi realizzata con adolescenti di V Liceo

Emanuela Nardo

Riassunto

Le storie hanno un forte potere evocativo, si prestano a svariete interpretazioni da un punto di vista antropologico, sociologico e psicologico o psicoanalitico.

Esiste molta letteratura sulle interpretazioni delle storie, poiché di esse è costellata la nostra vita. Nell’ambito dei programmi Brocca per la Scuola secondaria di secondo grado si prevede l’approfondimento, durante il quarto e quinto anno di liceo, di un’Area di Progetto, ossia di un approfondimento tematico, che coinvolga più discipline e tutti gli studenti della Classe, da presentare all’Esame di Stato.

In un consiglio di classe è stata sviluppata un’Area di Progetto incentrata sulle fiabe, che, riguardando un liceo linguistico, coinvolgeva in particolare, ma non solo, l’area linguistica. Nel presente lavoro viene descritto il progetto e illustrata l’esperienza condotta con una classe di 17 ragazzi.

Agli studenti sono state spiegate preventivamente le strutture di analisi morfologica di Propp per l’interpretazione e la suddivisione delle storie, presentando un impianto teorico sulla struttura narrativa ed una interpretazione degli archetipi nelle storie, in base alle teorie di Freud, Jung e Bettelheim. Successivamente, ciascun ragazzo è stato invitato a scegliere una favola nota e a realizzare un’analisi, una ricerca di fiabe simili nelle diverse lingue studiate ed un confronto con queste; in qualche caso la fiaba è stata anche illustrata graficamente.

Viene brevemente esposta, a titolo esemplificativo, una sintesi di il lavori prodotti dagli studenti. Infine, vengono proposte le considerazioni emerse dall’analisi di tutte le tesine, per evidenziare le ricadute dell’esperienza dal punto di vista culturale, ma anche educativo, visto che le interpretazioni e le traduzioni riguardavano fiabe spesso legate all’infanzia degli studenti coinvolti.

L’esperienza ha favorito un approccio diverso alle lingue e alle culture indagate da parte dei ragazzi, ha inoltre permesso loro di lavorare sul testo e di interpretarlo anche sotto l’aspetto psicologico, il che ha consentito l’approfondimento di una disciplina non curricolare come la psicologia. L’esperienza ha inoltre avuto una indubbia rilevanza interculturale, poiché conoscere le storie di un popolo significa anche conoscere parte dell’animo di quel popolo.

INTRODUZIONE

Il seguente progetto educativo è stato realizzato presso il Liceo Scientifico “M. Grigoletti” di Pordenone, durante l’anno scol. 2007/08, in una classe V liceo scientifico ad indirizzo linguistico (sperimentazione Brocca), composta da 17 studenti; le lingue studiate erano inglese, tedesco, francese e russo. Poiché era importante che gli studenti utilizzassero le lingue studiate per comprendere la cultura e la mentalità dei popoli di appartenenza, si è pensato di strutturare un’Area di Progetto (cioè un approfondimento tematico pluridisciplinare utile in sede di esame finale).

IL PROGETTO

Titolo dell’Area di Progetto:

Fiabe e favole come veicolo di approccio a popoli e culture

Capacità e competenze

• Cercare testi contenutisticamente e linguisticamente adeguati alle finalità del progetto (versioni diverse di fiabe famose; es. Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Biancaneve…)

• Tradurre opportunamente lessico e strutture linguistiche

• Riconoscere le tecniche specifiche del genere letterario

• Analizzare temi, personaggi, situazioni e riconoscere in essi le specificità linguistiche, culturali, antropologiche del paese di provenienza del testo

Attività e strumenti

• Acquisire conoscenze dei percorsi psicologici che sono alla base della costruzione di storie e narrazioni con l’intervento di esperti*

• Attivare un laboratorio di traduzione e rielaborazione di fiabe e favole in lingua straniera

• Illustrare adeguatamente i testi prodotti

Discipline coinvolte

• 4 lingue straniere (inglese, tedesco, francese, russo)

• Italiano

• Storia e Filosofia

• Arte

Tempi

Il progetto si estende durante l’arco del secondo quadrimestre, per un totale di 30 ore curricolari, oltre agli approfondimenti domestici degli studenti

Produzione

È prevista la realizzazione di un documento di classe attestante il lavoro svolto da ciascuno studente o gruppo di studenti, da illustrare anche in sede di Esame di Stato.

*Interventi di esperti

• Prof. E. Nardo: “Comprendere le strutture mentali dalle quali nasce la narrazione nella nostra cultura”; un incontro di 2 ore

• Dott. M. Gobbi: “Interpretazione psicanalitica della fiaba”; tre incontri di due ore.

RIFERIMENTI TEORICI FORNITI AGLI STUDENTI

La comprensione della realtà narrata

Le storie seguono un loro schema: la presenza di un protagonista, l’evento che si verifica sul protagonista, la meta da raggiungere, le azioni per raggiungere la meta, la realizzazione della meta o l’impossibilità del suo raggiungimento. Le storie, tuttavia, vengono ricordate meglio se ci sono anomalie, errori, distrazioni. Didatticamente, le storie aprono varie prospettive di lavoro, poiché permettono di interagire con il vissuto antropologico della persona.

Secondo Taylor (1999): “Noi siamo le nostre storie”, poiché siamo inseriti in una storia e veniamo a contatto con dei narratori come la famiglia, la scuola, la cultura popolare, la chiesa, il tempio ecc.. Secondo l’autore, più ancora del desiderio di felicità, è forte il desiderio che la nostra vita abbia un senso, la ricerca del quale dà origine alla storia personale. La nostra storia ci colloca in un posto che è il nostro, crea connessioni tra i vari momenti ed episodi della vita, le attribuisce un significato, una trama, unendo presente, passato e futuro in una serie di intrecci e nessi che le conferiscono profondità.

Le nostre storie possono essere: negative quando siamo soggetti passivi (subire maltrattamenti o violenze di vario tipo); positive quando siamo soggetti attivi e portati a scegliere, diventando degli esseri giudicanti rispetto le varie possibilità. Storie e scelte non sono tutte uguali: ritenere alcune meglio di altre ci porta ad essere attori anziché spettatori. La vita ci porta a riconoscere che le nostre storie sono tra loro intrecciate. Non possiamo vivere da soli la nostra storia perché siamo personaggi anche in quella di altri. La nostra vita può essere articolata in modo convincente e quindi dare origine ad una storia significativa, o in modo poco convincente e quindi dare origine ad una storia spezzata, è tuttavia possibile trasformare la propria storia spezzata in storia significativa diventando soggetti attivi capaci di creare nuove storie. La nostra storia ci dice perché siamo qui, chi siamo, cosa dobbiamo fare, quali sono le risposte.

Le storie impegnano la totalità della nostra personalità: intelletto, emotività, spirito e corpo. Non solo scambiamo storie ma siamo personaggi gli uni delle storie degli altri, poichè nessuno di noi può vivere la sua storia in solitudine.

Le strutture morfologiche di Propp

Il russo Vladimir Jakovlevic Propp, nel suo testo Morfologia della fiaba, pubblicato per la prima volta a S.Pietroburgo nel 1928 ha evidenziato che le azioni, compiute dai personaggi, rappresentano gli elementi stabili delle fiabe e le ha individuate con il nome di funzioni descritte in una serie che ne comprende 31. Egli ha ipotizzato che la fiaba derivi dai riti di iniziazione in uso nelle società primitive. Questi consistevano nell’allontanare gli adolescenti dalla famiglia per sottoporli a prove difficili in un ambiente sconosciuto e quindi ostile; una volta superate queste ultime, i giovani venivano considerati ormai maturi e quindi ottenevano il consenso al ritorno a casa ed al successivo matrimonio. I riti sono scomparsi ma i loro echi sono richiamati in modo evidente nella trama delle fiabe. Col passare del tempo i racconti si sono arricchiti di varianti e si sono moltiplicati sempre di più pur mantenendo una certa uniformità nella struttura. Le 31 funzioni fondamentali della fiaba, individuate da Propp, determinano lo svolgimento della vicenda. Sono gli elementi costanti e fissi della fiaba che, oltretutto, si succedono in ordine logico.

L’interpretazione psicoanalitica delle storie

L’approccio psicoanalitico alla fiaba parte da un presupposto: il mito, il sogno, la fiaba hanno come denominazione comune l’inconscio, e quindi, la fiaba può e deve essere interpretata alla luce degli strumenti offerti appunto dalla psicoanalisi. Questo studio quindi mira a ricercare nella fiaba gli elementi che danno un significato alla nostra vita. Gli archetipi rappresentano la struttura immutabile ed aprioristica di un mondo psichico individuale e collettivo la cui essenza è attestata dagli influssi determinanti sulla coscienza. Per ciò che concerne l’inconscio personale, esso è da attribuirsi al rimosso quotidiano e da considerarsi in quanto sede dei complessi intesi come nuclei a forte tonalità affettiva. Invece è in particolar modo nell’inconscio collettivo che dimorano gli archetipi: essi sono forme di funzionamento della psiche profonda, vengono ereditati geneticamente ed influenzano notevolmente il concreto operare dell’uomo. Gli archetipi, comunque, si manifestano sia nella cultura del tempo che nelle esperienze individuali di tutti i giorni, e in particolare possiamo sostenere che essi vengano proiettati nella fiaba, poiché entrano in relazione con la coscienza dell’individuo grazie al fiabare, al sognare e al fantasticare, assumendo forma e rivelandosi in immagini e in rappresentazioni. Essi si emancipano in tal modo dall’inconscio attraverso una serie di tappe psicofisiche. Accade così in ogni persona, perché il carattere è solo un riflesso apparente di un animo più profondo celato nell’inconscio.

E nella fiaba l’intimo spirito, Animus, Anima o Ombra che sia, si manifesta direttamente nei protagonisti che incarnano la complessa struttura psichica dell’individuo, a tratti contraddittoria, perchè ricca di lati luminosi e oscuri, tra cui ondeggia continuamente il destino.

La fiaba quindi è il percorso che meglio concretizza le varie immagini archetipiche del Re, della Regina, dell’Eroe, del Vecchio; essa ci racconta la storia della psiche che, attraverso una serie di eventi, a volte estremamente rischiosi, raggiunge infine una meta, un traguardo, un obiettivo. La fiaba diventa la metafora della storia della psiche: narra le vicende, le peripezie, i tormenti, i dolori e tutte quelle ansie che la nostra anima deve superare per liberarsi dai complessi che l’avvolgono e per giungere alla sua maturazione; e questo grazie alla forza che le forniscono.

Jung, tenendo conto di tali elementi, mette in luce la forza motrice degli archetipi nelle fantasie infantili, nonché la tendenza della psiche individuale ad elaborare come modelli i dati della realtà. Betthelheim, invece, si dimostra più attento alla dimensione storica della fiaba e a sottoporla a più interpretazioni, contestualizzate.

La critica che più spesso viene rivolta alla lettura delle fiabe in chiave psicoanalitica è quella di non cosiderare la fiaba nella sua dimensione storico-popolare, ma riferirsi solamente alle principali versioni letterarie del racconto, interpretando in questo modo gli impulsi subconsci dei soli creatori, e non evidenziando, di conseguenza, una struttura psichica di validità universale.

METODO UTILIZZATO

Dopo una prima fase, durante la quale ciascuno studente sceglie una storia, sulla base del suo vissuto e delle sue simpatie, l’insegnante guida gli allievi nell’operazione di suddivisione della rispettiva fiaba (o favola) in base alle strutture di Propp apprese durante la fase teorica. In un momento successivo è compito di ciascuno studente ricercare e selezionare versioni della propria storia in lingua straniera e procedere alla sua traduzione, per poi ricercare eventuali similitudini, affinità o discrepanze tra le diverse versioni. Un inquadramento storico e culturale dei diversi autori completa il lavoro di ricerca.

Gli studenti, infine, con l’insegnante di arte, illustrano i tratti salienti della loro storia con tecniche diverse.

STORIE ANALIZZATE:

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ESEMPIO DI ANALISI MORFOLOGICA in “Prezzemolina”

La storia in sintesi

La madre di Prezzemolina mentre è incinta ruba il prezzemolo dall’orto delle Fate. Le Fate, scopertala, impongono il nome al nascituro, nonché la proprietà del nascituro stesso. Quando Prezzemolina cresce viene rapita dalle fate e sottoposta a varie prove, poiché l’intento delle fate è quello di divorarla. Con l’aiuto del cugino delle fate, Memè, Prezzemolina riesce a liberarsi, si sposa con Memè e vivono felici e contenti.

Di seguito viene esplicativamente presentato il confronto tra versioni diverse, operato mediante le funzioni di Propp.

Titolo: Rapunzel Prezzemolina Petrosinella

Allontanamento: La strega porta via Rapunzel ai suoi genitori e la richiude in una torre Le streghe portano Prezzemolina a casa loro Petrosinella è portata via dai suoi genitori e chiusa in una torre.

Proibizione: Non può uscire dalla torre e non può vedere nessuno oltre alla strega Non può vedere nessuno e non può fuggire dalla torre

Violazione: Rapunzel s’incontra segretamente con il principe Petrosinella ha degli incontri amorosi segreti con un principe

Delazione: Una strega amica avvisa degli incontri segreti di Petrosinella la strega che la tiene prigioniera

Danneggiamento: A Rapunzel vengono tagliati i capelli e viene spedita in un deserto

Reazione dell’eroe: L’eroina piange disperata ed aspetta passivamente

Elementi magici: Magico è l’effetto delle lacrime della protagonista che fanno tornare la vista al principe La figura di Memè, cugino delle fate, che aiuta la protagonista Tre ghiande che si trasformano rispettivamente in un cane, in un leone e in un lupo

Prove da superare: L’eroe viene costretto a vivere nel deserto fra mille stenti Deve compiere due prove:

  1. deve dipingere una stanza;
  2. deve andare dalla fata Morgana

Lotta: Le streghe vogliono mangiare l’eroina ma non ci riesce Durante la fuga dalla torre la protagonista è inseguita dalla strega

Punizione del cattivo: Il cattivo non viene punito Prezzzemolina e Memè soffiano sui lumi e uccidono le fattucchiere La strega viene mangiata dal lupo

ESEMPIO DI POSSIBILE LETTURA JUNGHIANA in “Tremotino”

La storia in sintesi

Un mugnaio nel presentare al re la propria figlia, per vanto le attribuisce la capacità di filare la paglia in oro. Il re la obbliga allora per ben tre volte a trasformare quantità di paglia in oro. Disperata, la ragazza si lascia aiutare da un omino, grazie al quale supera le prove. L’omino, però, le chiede in cambio il suo primogenito quando diventerà regina. Il re sposa la ragazza, che dopo un anno diventa madre di un bel bambino. Alla richiesta dell’omino di cederglielo, la donna scoppia in pianto ed egli, mosso a compassione, le dice che le consentirà di tenere il bimbo se saprà scoprire entro tre giorni il suo nome. Solo grazie ai servi, sguinzagliati per tutto il regno, la regina scoprirà il nome dell’omino: Tremotino, il quale dovrà rinunciare così al suo piano.

La studentessa ha utilizzato le categorie Junghiane per analizzare alcuni archetipi presenti nella storia, quali quello della Grande Madre, dell’Animus, dell’Ombra, del Vecchio.

Non dobbiamo pensare di poter spiegare la fiaba secondo una personale interpretazione, poiché, come lo stesso Jung (1980) ci suggerisce, gli archetipi sui quali essa si basa sono contenuti autonomi dell’inconscio, preesistenti a ogni invenzione, e non semplici ideazioni arbitrarie.

Il percorso che segna le fiabe considerate è di individuazione femminile, poichè presentano una ragazza in qualità di protagonista, la quale è afflitta da una disgrazia per cui deve affrontare un compito dalla soluzione quasi impossibile per le sue capacità: allora inevitabilmente verrà aiutata da un personaggio maschile, che la porterà ad una vita migliore.

L’uomo si presenta, specie nella versione inglese, piuttosto aggressivo: minaccia di uccidere la ragazza se questa non filerà per lui come stabilito. Quest’atteggiamento tradisce un’autoritaria convinzione di avere sempre ragione e di poter deliberare della vita altrui a proprio piacere. È un comportamento che noi lettori e, specie il bambino, non faticheremo ad assegnare a qualche persona da noi contrastata o temuta.

Analisi dello gnomo

Lo gnomo o il Vecchio, portatori di consiglio, appaiono sempre quando l’eroe si trova in una condizione critica e disperata, dalla quale si può liberare soltanto attraverso una profonda riflessione o un’intuizione fulminea e felice.

Ma l’eroe, per ritrovare se stesso, ha bisogno di un ausilio rivelatore, la cognizione che si rivela a lui nella forma del pensiero personificato. Lo gnomo lo fa riflettere sul “hic et nunc”, sulle sue cause e conseguenze, sul dove andrà a finire con i presupposti che finora ha costruito in vita. Lo gnomo rappresenta il lato debole della personalità della ragazza, che ha bisogno di completamento e sostegno.

Concatenamento delle funzioni opposte

Nella fiaba ogni archetipo è rappresentato secondo gli opposti e così, oltre ad un carattere positivo, chiaro, favorevole, rivolto verso l’alto, ne esiste sempre un altro, in parte negativo, oscuro, avverso e rivolto verso il basso.

Per ciò che concerne la nostra fiaba le figure del re e dello gnomo per tutto il racconto si scambiano i ruoli di Animus e di Ombra, detto junghianamente, ovvero dell’aiutante e dell’antagonista, detto proppianamente.

Dapprima è il marito ad essere l’antagonista, in quanto determina il danneggiamento della ragazza; successivamente lo gnomo entra in competizione con lei minacciandola in vari modi.

Allo stesso tempo l’omino è colui che adempie il difficile compito rimuovendo in tal modo la sciagura impostale dal re. Ma indirettamente è aiutante anche il marito perche la favorisce nel risolvere l’indovinello, pronunciandole il distico sentito il giorno stesso nei pressi di una grotta.

Archetipo della Grande Madre

Questo archetipo consiste in una ambivalenza di aspetti, dato che può essere visto sia come una fecondità creativa, sia come una potenza distruttiva.

Nella versione tedesca della fiaba considerata ne rilevo l’immagine archetipica nella figura della regina, la quale incarna il ruolo di amorevole madre prendendo tra le sue braccia la fanciulla. E forse il fatto che lei desideri dare la ragazza in sposa a suo figlio, mostra la necessità di portare un’evoluzione in quella realtà che finora si era svolta esclusivamente al femminile: con questo gesto forse la regina intende educare la fanciulla al maschile.

Ritrovo nel personaggio della regina presente in “Le tre filatrici” i concetti che Jung ha attribuito all’archetipo della Madre: essa personifica, a mio avviso, la magica autorità del femminile, la saggezza e l’elevatezza spirituale, poiché mostra di non dare alcuna importanza alla condizione di povertà della ragazza, la considera e la apprezza invece per le sue presunte capacità, la sua operosità e la sua buona volontà; altri caratteri come la benevolenza, la protettività e la tolleranza vengono dimostrati allorchè la donna offre la propria comprensione alla pove retta che inizialmente non è riuscita a filare la quantità di lino da lei richiesta. Per quanto riguarda l’aspetto negativo, sempre nella versione tedesca, la regina è colei che genera angoscia nell’animo della fanciulla, poiché le impone di assolvere a un compito per lei troppo gravoso, assumendo in questo caso il volto di una “madre terrificante” .

Archetipo dell’Animus

L’Animus designa la parte maschile racchiusa nella donna grazie a un’introiezione dell’immagine parentale di sesso opposto. Tale archetipo è rappresentato nella fiaba esaminata da coloro che trasportano la ragazza dallo status di tranquilla infante al mondo dell’adolescenza: prima è il re e poi è lo gnomo. Costoro, anche se ciascuno a modo suo, affliggono la fanciulla con i problemi che finora lei non ha mai affrontato, e, in ultima analisi, essi assumono nei suoi confronti un ruolo di guida e protezone.

Archetipo dell’Ombra

Nella fiaba la lotta con l’essere misterioso allude all’incontro dell’eroe con la propria dimensione d’Ombra, quella parte inconscia dell’uomo che consiste in aspetti e comportamenti che l’Io cosciente tenta di allontanare. Ma l’accettazione consapevole della propria Ombra, resa evidente nella fiaba dalla vittoria che l’eroe consegue sull’antagonista, comporta una sua integrazione nella personalità che, in tal modo, otterrà un accrescimento spirituale.

La fanciulla a tutti gli effetti è spinta a cadere sotto il dominio maschile, lasciandosi così prima possedere dall’Ombra del re, che minaccia di ucciderla se non adempirà al compito da lui stabilito; successivamente si fa catturare dall’Ombra dello gnomo, che la intimidisce ricordandole la sua sorte.

Ne risulta l’immagine della ragazza che, pur elevata dalla bassessa di un’originaria miseria, abbandona involontariamente la sua anima allo spirito maligno, tenebrosa icona paterna di natura infernale. Cercando di riscattarsi dall’essere malvagio, innestando una forte competizione, come direbbe Propp, capisce che le ricchezze ed il matrimonio (la sua nuova realtà) hanno dato solo un nuovo padrone alla sua anima, così ancora evidentemente fragile da cercare appoggio in chi simula un aiuto che in realtà niente ha di benevolo.

Archetipo del Vecchio

Il lino filato, secondo un’interpretazione junghiana, può indicare il raggiungimento dell’età adulta, un’ascesa dello spirito dimostrata esteriormente dalla sicurezza, invero sempre la migliore garanzia di successo.

L’intervento dello gnomo è quindi indispensabile, è l’oggettivazione dell’archetipo del Vecchio e simbolo che la volontà cosciente abbisogna di tutte le forze interiori per unificare la personalità, creando così finalmente la propria individualità.

L’omino, il nano rappresenta quindi il sapere, la riflessione, la saggezza, la prudenza, l’intuizione, qualità morali come benevolenza e sollecitudine, ma accanto il mistero e l’irrazionale.

Lo gnomo ci rivela però anche il suo lato malvagio, proprio come lo stregone primitivo, che è tanto un soccorrevole guaritore, quanto il temuto avvelenatore, personificando a volte il bene, altre volte il male.

Perciò l’essere magico che si fa promettere dalla ragazza che sarà sua se non indovinerà il suo nome, simboleggia il potenziale pericoloso destino.

In questa prova la ragazza libera dalla signoria dell’inconscio uno spirito o un particolare pensiero fino a quel momento trattenuto da una severa censura.

Potrebbe sembrare che lo gnomo caritatevole premediti astutamente tutte le situazioni e le relative conseguenze; d’altronde l’esperienza insegna che il Fato invia l’incidente increscioso per impaurire l’Io cosciente e, contemporaneamente, per indirizzarlo sulla giusta strada.

CONCLUSIONI: LA VALENZA DIDATTICO-EDUCATIVA DEL LAVORO

Da un punto di vista culturale-linguistico, gli allievi hanno avuto la possibilità di utilizzare le loro competenze linguistiche; sono stati stimolati a fare confronto tra culture, e a capire come da un punto di vista antropologico la comprensione delle lingue straniere permetta di trovare punti di condivisione tra popoli diversi.

Da un punto di vista di scomposizione del testo e analisi attraverso le funzioni di Propp, gli allievi hanno potuto comprendere la struttura del testo e la funzione stessa di alcuni aspetti narrativi, tali funzioni sono utili anche per una comprensione più ampia della realtà in cui viviamo e di certi comportamenti, anche se sarebbe stato opportuno anche un confronto con forme narrative meno classiche.

Dal punto di vista dell’analisi psicoanalitica, gli studenti hanno potuto acquisire strategie che non conoscevano ed avvicinarsi all’applicazione delle teorie di Jung o di Freud che solitamente vengono studiate solo nel programma di storia della filosofia.

Molti studenti si sono detti soddisfatti, poiché hanno analizzato storie che erano state significative nella loro infanzia e ciò ha permesso loro di lavorare sull’identificazione con certi personaggi e con certe situazioni che nell’infanzia li aveva particolarmete coinvolti. In un momento in cui l’adolescente rivede il proprio copione di vita (secondo l’ “analisi transazionale”) può giovare l’acquisizione di nuovi elementi di comprensione.

Per quanto concerne l’aspetto contenutistico sono state prodotte delle tesine con delle strutture simili, ma al tempo stesso declinate secondo la propensione degli studenti. Gli allievi hanno potuto scegliere in quali lingue approfondire il lavoro, tanto che alcuni hanno scelto anche il latino e il napoletano. La lingua è quindi stata vista come veicolo di cultura.

Durante le ore dedicate all’Area di Progetto, i ragazzi hanno potuto sperimentare un nuovo modo di rapportarsi con gli insegnanti: erano loro a chiedere particolari approfondimenti, bibliografie o suggerimenti, sentendosi responsabili in prima persona. Molti studenti hanno prodotto anche belle illustrazioni con tecniche composite o interpretazioni personali durante le ore di disegno.

Educativamente parlando, conoscere culture altre e trovare elementi che ci accomunanano permette di capire la nostra storia ma soprattutto di intrecciarla con altre.

Bibliografia

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Barbieri, M.S. (1989), (a cura di), La spiegazione nell’interazione sociale, Torino Loescher.

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Grimm J. eW. (1951), Le fiabe del focolare, trad. Bovero C. Milano Einaudi .

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Propp V.J. (1992), Le radici storiche dei racconti di magia, Newton.

Propp V.J. (1992), Morfologia della fiaba, Newton.

Fairy tales and fables as a vehicle for en approach to peoples and their cultures

Description of a good procedure with fifth grade teenagers in secondary school

Emanuela Nardo

Teacher at M. Grigoletti High School, Pordenone, Ph.D, and former lecturer of experimental pedagogy at University of Trieste, Teacher of Psychology of I.S.S.R. Education at Portogruaro, Italy.

Tales have a highly evocative language, they are suitable to different interpretations on an anthropological, social, psychological, and psychoanalytical point of view.

A lot of literature deals with the interpretation of tales, as our life is scattered by them.

Inside the “Brocca” programs for secondary school , during the fourth and fifth year, a Project Area is foreseen, which is a theme analysis involving different subjects and all students in a class, and which is presented at the State exam.

In a class council a Project Area has been developed which dealt with tales and fables and, being it a linguistic course, it involved particularly the linguistic area, but not only. This work describes that project and an experience carried on with a class of 17 pupils.

The structures of Propp’s morphological analysis for the interpretation and subdivision of stories were taught the students beforehand, and they were given a theoretical approach on narrative structure and on the interpretation of stories archetypes, according to Freud’s, Jung’s and Bettelheim’s theories.

Afterwards each student has been invited to choose a known story and to search similar stories written in the different languages he was studying and to compare and analyze them. In some case the fable has also been illustrated.

The highlights of the works produced by the students are shown as an example.

Moreover the reflections which resulted after analyzing all works will be shown to point out the spin-off of this experience, not only on the cultural point of view, but also on the educational point of view, as all interpretations and translations often concerned tales linked to the students’ childhood.

The experience encouraged a different approach to languages and cultures surveyed by the students; it allowed them to work on the text and interpret it on the psychological point of view, by allowing the analysis of a non-curricular subject as psychology.

The experience has also had an unquestionable intercultural relevance, as knowing the stories of a people also means knowing a part of that people’s soul.