Frammenti di storie

ottobre 27, 2015
Annachiara Scalera

storie, convegno, narrazione, orientamento, de amicis, pusterla, marchetta, scuola, educazioneAbbiamo pensato di condividere con voi gli spunti narrativi che hanno accompagnato la prima giornata del convegno.
Buona lettura, a domani.

Per una cattiva insegnante – tratta da Argèman di Fabio Pusterla 

Le buone, le scientifiche
ragioni? Come sempre
le avrai, tu rigorosa
sempreverde serpeverde che assicuri
il bene dei ragazzi e dei futuri
calcolatori integerrimi, pronti a farsi
complici di una cosa ottimamente
prevista progettata senza un’ombra
di vaga, dispersiva umanità.

Le buone, le scientifiche ragioni
oggettivate sempre e come sempre
naturalmente incolpevoli. Alla sgraziata
fanciulla che singhiozza e perde muco
e trema contro un muro e picchia i pugni,
a quegli sguardi muti
chini come su un gorgo, che ti dicono
quanto male tu faccia e rappresenti,
agli umili e ai perdenti
auguri sorridendo buona estate.

Troppo onesti,
troppo davvero buoni,
questi ragazzi che hanno disimparato
a contrapporsi.

Libro Cuore – Edmondo De Amichis 

Franti, cacciato dalla scuola
21, sabato

Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del Re, e Franti rise. Io detesto costui. È malvagio. Quando viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figliuolo, egli ne gode; quando uno piange, egli ride. Trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo; tormenta Crossi perché ha il braccio morto; schernisce Precossi, che tutti rispettano; burla perfino Robetti, quello della seconda, che cammina con le stampelle per aver salvato un bambino. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male. Ci ha qualcosa che mette ribrezzo su quella fronte bassa, in quegli occhi torbidi, che tien quasi nascosti sotto la visiera del suo berrettino di tela cerata. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno, si porta a scuola degli spilloni per punzecchiare i vicini, si strappa i bottoni dalla giacchetta, e ne strappa agli altri, e li gioca, e ha cartella, quaderni, libro, tutto sgualcito, stracciato, sporco, la riga dentellata, la penna mangiata, le unghie rose, i vestiti pieni di frittelle e di strappi che si fa nelle risse. Dicono che sua madre è malata dagli affanni ch’egli le dà, e che suo padre lo cacciò di casa tre volte; sua madre viene ogni tanto a chiedere informazioni e se ne va sempre piangendo. Egli odia la scuola, odia i compagni odia il maestro. Il maestro finge qualche volta di non vedere le sue birbonate, ed egli fa peggio. Provò a pigliarlo con le buone, ed egli se ne fece beffe. Gli disse delle parole terribili, ed egli si coprì il viso con le mani, come se piangesse, e rideva. Fu sospeso dalla scuola per tre giorni, e tornò più tristo e più insolente di prima. Derossi gli disse un giorno: – Ma finiscila, vedi che il maestro ci soffre troppo, – ed egli lo minacciò di piantargli un chiodo nel ventre. Ma questa mattina, finalmente, si fece scacciare come un cane. Mentre il maestro dava a Garrone la brutta copia del Tamburino sardo, il racconto mensile di gennaio, da trascrivere, egli gittò sul pavimento un petardo che scoppiò facendo rintronar la scuola come una fucilata. Tutta la classe ebbe un riscossone. Il maestro balzò in piedi e gridò: – Franti! fuori di scuola! – Egli rispose: – Non son io! – Ma rideva. Il maestro ripeté: – Va’ fuori! – Non mi muovo, – rispose. Allora il maestro perdette i lumi, gli si lanciò addosso, lo afferrò per le braccia, lo strappò dal banco. Egli si dibatteva, digrignava i denti; si fece trascinar fuori di viva forza. Il maestro lo portò quasi di peso dal Direttore, e poi tornò in classe solo e sedette al tavolino, pigliandosi il capo fra le mani, affannato, con un’espressione così stanca e afflitta, che faceva male a vederlo. – Dopo trent’anni che faccio scuola! – esclamò tristamente, crollando il capo.

L’iguana non vuole – Giusi Marchetta

Succede così senza preavviso. L’iguana si muove. […] Avanza piccoli passi, per non saltare nessuno. Vi raggiunge mentre siete al telefono nei vostri uffici, nelle aule, o in viaggio sulle auto blu. Vi cerca in ogni ministero: Economia, Istruzione, Giustizia, Pari Opportunità. Vi cerca in ogni ospedale, in ogni scuola, in ogni azienda. Non importa quanto ridicola sia la vostra carica, il modo in cui siete arrivati a occupare la vostra posizione, l’ignoranza con cui ripetete a memoria ataviche bugie, perpetrando ataviche ingiustizie: per l’iguana non ci sono gradi di colpa, non c’è differenza tra mandante e complice, non ci sono scuse. Vi trova attraverso i contratti, i decreti legge, le raccomandazioni, i maneggi che vi hanno reso ricchi e potenti. Le basta seguire la scia dei morti che vi lasciate dietro […] . L’iguana sa che questo Paese è colpa vostra. […] e voi potete anche andare avanti a vivere come avete sempre fatto a succhiare avidi tutta la linfa di questo Paese, a rubare spazio, possibilità e speranze, a passare il potere ai vostri figli, trasformando una repubblica in tante monarchie, a farvi Cosa vostra, a essere i nostri padroni, il nostro inferno terreno. Solo che non potete farlo per sempre. L’iguana non vuole.

 

No comments

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *